sabato 18 aprile 2015

Formula 1 specchio della realtà? Dal tweet di Paola Saluzzi alla "voracità" di Bernie Ecclestone

Purtroppo in Italia (Istria e Ticino inclusi) il motorsport (una volta denominato "le corse in macchina") si scontra con un atavico vizio nostrano, ossia il tifo: i partigiani partono in quarta, inneggiando a questo o a quel pilota, purché guidi una precisa casa automobilistica, con sede a Maranello e con effigie un cavallino rampante.

In Italia il servizio pubblico (RAI) ha scelto, già due anni fa, di non acquisire l'intero pacchetto del Campionato di F.1, lasciando subentrare Sky con i suoi potenti mezzi. Ai nazionalpopolari Mazzoni e Capelli si sono sostituiti Vanzini e Genè, non meno schierati dei primi (il secondo è addirittura un dipendente di Maranello). Da qui derivano alcune logiche considerazioni sulla faziosità dei conduttori (vedremo Massimo Mauro, Zvone Boban e Gianluca Vialli con le maglie delle loro ex squadre, come già accade nelle reti televisive minori per personaggi simili?) e sulla porta girevole che sembra unire i lati del paddock: infatti da ultimo il buon Antonini, professionista di rara chiarezza, è passato a dirigere il reparto Comunicazione della Gestione Sportiva Ferrari, in quella che pare (anche) un'operazione simpatia, dopo le direzioni Colajanni e Bisignani jr.

Tutto quanto sopra premesso, appare come un fulmine a ciel sereno un tweet sarcastico (poi cancellato) di Paola Saluzzi, conduttrice Sky, che mette alla berlina Fernando Alonso per le dichiarazioni in una recente intervista: Alonso @ScuderiaFerrari gli è tornata la memoria e si è ricordato di quanto sia #arrogante #invidioso #pezzodiimbecille.

Un gesto sicuramente discutibile, dettato più dal tifo che da un'analisi a sangue freddo delle caratteristiche del pilota asturiano: già, perché in anni di militanza (e ancor prima, durante il periodo in Benetton), pare poco verosimile che la Saluzzi (e, come lei, altri milioni di italiani) non si fosse accorta della scarsa umiltà del signor Alonso. Così modesto e dotato di spalle larghe (tra gli altri vedasi la boutade di Monza '14) da venire soprannominato Lamentonso.

L'episodio, di per sé non particolarmente rilevante (o comunque stigmatizzabile come giornalismo-tifo), ha acquisito peso proprio in virtù del rapporto tra SKY e la F.1, tanto che quando il poco permaloso Fernando si è accorto del tweet (o meglio, se n'è probabilmente accorta una solerte addetta stampa), ha sospeso ogni comunicazione con l'emittente di Murdoch, dove peraltro lavora il suo (ex) sodale Marc Genè, lasciando sorprese (o segretamente gongolanti) altre emittenti.



In tal senso la direzione generale di Sky ha sospeso Paola Saluzzi per una settimana, con ciò operando una chiara scelta sacrificale: nel mondo della comunicazione istantanea non è peregrino invocare più prudenza da un lato e più elasticità dall'altro. Se proprio si vogliono evitare situazioni così imbarazzanti, forse sarebbe meglio fissare preventivamente alcune regole, come peraltro già stabilito nella redazione di alcuni quotidiani (es. La Stampa).

Morale? Alla fine la Saluzzi ha scontato la sospensione, Alonso ha ricevuto le scuse per quelli che obiettivamente sono insulti, ma non di meno i veri sconfitti sono i social, o meglio un certo tipo di (ab)uso che stravolge i rapporti umani, con quei 140 caratteri che paiono sempre più un ingombro.

Parlando di ingombri, seppur di altro genere, come qualificare Bernie Ecclestone e le sue ultime dichiarazioni sul destino di Monza? Molti giornalisti italiani, secondo il celebre aforisma di Flaiano, fanno a gara nel definirlo dinosauro, vorace, burattinaio. E' vero, il buon vecchio Bernard non è mai stato facile alla trattativa (e difatti si è circondato di suoi simili, non ultimo il sig. Lattoneddu), però è un imprenditore, e come tale punta più al fine di lucro (anche per pagare gli alimenti alla ex moglie Slavica) che alla sportività decoubertiniana. Nulla di eccezionale, ma i media italiani, per par condicio, prima di lui avrebbero dovuto mettere alla berlina una nutrita fila di personaggi, non ultimo un certo Monte(prez)zemolo. Cosa puntualmente non verificatasi.



L'oggetto della discordia è stato l'ultimatum (si può chiamare come si vuole, ma questa è la sostanza) con cui Mr. F.1 ha inteso mettere sul chi va là il mondo motoristico italiano, ricordando gli accordi presi con svariati uomini politici (e non) in merito al GP di Monza dal 2016 in poi. Accordi economici stretti all'ultimo GP (2014) che ora, complice il cambio di dirigenza all'Autodromo, sembrano riposti in un cassetto. Ergo, se fossi un giornalista, prima di dare un epiteto a caso, farei delle domande (scomode) a chi quegli accordi li ha sottoscritti e a chi l'Autodromo lo dirige e/o  lo fa dirigere. Eppure vi sono poche eccezioni a quest'andazzo, perché pare molto più comodo incolpare il buon vecchio Bernie. Sicuramente lui ha il cervello più fino e le spalle più larghe di qualche pilota.

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