domenica 21 giugno 2015

21.06.2015 - Monza Resegone... corsa da non partente

E' passato un altro anno e siamo ancora qui. Monza, Arengario stracolmo di gente in un frizzante sabato sera di giugno. C'è la Monza-Resegone.



Niente panico, l'anno scorso avevo annunciato urbi et orbi che non avrei disputato la gara nel 2015: con mia somma sorpresa ho mantenuto la promessa. Tuttavia, sono venuto lo stesso in Centro a tifare per amici e conoscenti, magari stringendo alleanze per il 2016.

E' un sabato strano, con tre eventi "maggiori" in contemporanea: la Coppa Intereuropa in Autodromo, Manu Chao al Parco e appunto la Mo-Res da Piazza Roma. Manca il Family Day, ma forse è meglio così: già il sindaco Scanagatti ha le sue gatte da pelare e per una volta non invidia il collega Marino. 

Più realisticamente Monza manca di maturità nell'organizzazione di certi eventi, con gli oneri scaricati sui comuni limitrofi: basterebbe un mini-piano del traffico come per il GP per gestire le 40mila persone in transumanza verso il Mirabello senza che tutto vada a ramengo, ma tant'è. La voglia di esserci, al netto dell'allenamento pomeridiano, mi porta a superare gli ostacoli sul percorso e a fiondarmi in Monza.

Grazie al provvidenziale scooter sono in loco per le 20.15, in tempo per un po' di Pubbliche Relazioni e un caffè: i soci Bocia sono già in fibrillazione, anche se, complice il numero record di partenti (300 terne partenti), inizieranno la loro avventure dopo le 22.00. Una Mo-Res in versione catena di montaggio, con tanto di speaker-intrattenitore, sindaco di contorno e alpino sbandieratore sulla pedana: evoluzione dei tempi non sempre ben vista, soprattutto per chi deve curare la salvaguardia degli atleti e contemperare il traffico del sabato sera.

La serata scorre tranquilla, i ragazzi partono in serenità, con le bici d'appoggio già sulla via, pronti a seguire i podisti dal Ponte dei Leoni: la fresca serata rappresenta il clima ideale per correre ed io, a bordo del mio SH300, mi devo coprire per evitare sbalzi termici. Ci vuole poco, il tempo di un rifornimento volante e poi via, verso la vecchia SS36: da Biassono ad Arcore, ormai deserta e senza macchine, raggiungo Usmate con le ultime terne e inizio la mia lenta risalita verso l'Adda. Tra Carnate e Lomagna riconosco la terna presidenziale, con Maurizio e Max, miei compagni nel 2013: mi fermo poco più avanti e, in attesa di un incitamento, scambio quattro chiacchiere con un motociclista di passaggio, affascinato e terrorizzato dai 40+ km fino a Capanna Monza.

Riparto, e nel lungo serpentone umano, incrocio facce conosciute e non, fermandomi a Cernusco per incitare los cognatos Reno e Ste, lanciatissimi verso Olginate. Recupero anche i Bocia Top, con Cordoni Pozzi Galli davanti a Mauri, Ghezzi Casati. Seguono le ammiraglie a due ruote con rifornimenti e strategie.

Dopo aver girato per quasi 20 km mi attesto poco prima del Ponte tra Olginate e Calolzio: a sottolineare la magia di questa gara che accomuna chi corre e chi tifa, scopro, tra i tifosi accanto a me, i genitori di un collega di fatica che qualche giorno fa ho incrociato ai Bocia. C'è giusto il tempo di rivedere e incitare molte delle facce superate prima, prima di qualche scatto volante, tra quattro chiacchiere.

Mi sposto dall'altra parte dell'Adda e supero i Bocia Top a Calolzio, dove accompagno Alberto a passo d'uomo mentre gli altri si cambiano: una volta raggruppate le terne biancoverdi, ci dividiamo. Mentre gli atleti salgono per i gradini, accompagnatori e tifosi si muovono sulla carrozzabile: il serpentone di moto e bici è impressionante, soprattutto calcolando l'orario. 

E' quasi la una, sicuramente ci sono stati i primi arrivi a Capanna Monza (alle 22.30 lo speaker aveva annunciato i transiti dalla Cicognola, tra Merate e Calco). Parcheggio lo scooter all'ingresso del paese (la strada regala sempre emozioni, specialmente in questa notte) e inizia la mia "gara": il tempo di scambiare due parole con lo Ste Ripamonti, appiedato improvvisamente dal terzo componente, e mi attesto vicino al gonfiabile in attesa dei miei soci.

Già da Olginate la temperatura è stata eloquente, ma la corsa e l'attesa non fanno sentire il fresco: quando arrivano le due terne (ormai gruppo unico), mancano Clod e Alberto, attardatisi a Rossino e in transito dopo pochissimi minuti. Nel mentre scatto qualche foto, scambiando pareri a ai bordi del ristoro. I ragazzi ripartono, mentre le ammiraglie a due ruote (Sara, Nadia e un amico vivandiere) tornano verso Rossino: tento di accompagnare i podisti per un tratto, salvo poi tornare indietro ritenendo esaurita la mia missione. Errore... da lì inizia il mio lavoro di traghettatore, avanti e indietro da Erve Centro sino alla mini-rotonda alla fine della strada asfaltata: ultimi in ordine a venire scortati sono i giovani (di spirito) della Terna Presidenziale, con Max in gran spolvero e Maurizio in recupero.


Faccio in tempo ad incrociare Lucia che mi irretisce parlando di birra e panino con salamella: nonostante l'appetito, il sonno mi tenta di più, così saluto la compagnia e inforco il fido dueruote, non prima di aver salutato Scopa della Gara, Sindaco, Protezione Civile e Carabinieri. Nel silenzio della discesa emerge la luminosa Pianura, peccato non aver avuto la reflex! 

Nel deserto più completo della SS36 (nonostante qualche ora prima ci fosse un tifo da stadio) riesco a intercettare l'Ale Galbiati (mente della Lisunada) a bordo della bici con cui ha assistito il Barba (al secolo Maurizio Mariania, Presidente del TTB e alla sua 30ima Mo-Res!). Data la precaria illuminazione, lo affianco sino a Arcore per poi tagliare verso casa mia. Nel mentre alcuni reduci del concerto di Manu Chao (sono le 4 am) camminano stanchi per le strade di Biassono, altri dormono stesi all'addiaccio tra le aiuole davanti casa. Che dire?
Ci rivedremo nel 2016...

sabato 18 aprile 2015

Formula 1 specchio della realtà? Dal tweet di Paola Saluzzi alla "voracità" di Bernie Ecclestone

Purtroppo in Italia (Istria e Ticino inclusi) il motorsport (una volta denominato "le corse in macchina") si scontra con un atavico vizio nostrano, ossia il tifo: i partigiani partono in quarta, inneggiando a questo o a quel pilota, purché guidi una precisa casa automobilistica, con sede a Maranello e con effigie un cavallino rampante.

In Italia il servizio pubblico (RAI) ha scelto, già due anni fa, di non acquisire l'intero pacchetto del Campionato di F.1, lasciando subentrare Sky con i suoi potenti mezzi. Ai nazionalpopolari Mazzoni e Capelli si sono sostituiti Vanzini e Genè, non meno schierati dei primi (il secondo è addirittura un dipendente di Maranello). Da qui derivano alcune logiche considerazioni sulla faziosità dei conduttori (vedremo Massimo Mauro, Zvone Boban e Gianluca Vialli con le maglie delle loro ex squadre, come già accade nelle reti televisive minori per personaggi simili?) e sulla porta girevole che sembra unire i lati del paddock: infatti da ultimo il buon Antonini, professionista di rara chiarezza, è passato a dirigere il reparto Comunicazione della Gestione Sportiva Ferrari, in quella che pare (anche) un'operazione simpatia, dopo le direzioni Colajanni e Bisignani jr.

Tutto quanto sopra premesso, appare come un fulmine a ciel sereno un tweet sarcastico (poi cancellato) di Paola Saluzzi, conduttrice Sky, che mette alla berlina Fernando Alonso per le dichiarazioni in una recente intervista: Alonso @ScuderiaFerrari gli è tornata la memoria e si è ricordato di quanto sia #arrogante #invidioso #pezzodiimbecille.

Un gesto sicuramente discutibile, dettato più dal tifo che da un'analisi a sangue freddo delle caratteristiche del pilota asturiano: già, perché in anni di militanza (e ancor prima, durante il periodo in Benetton), pare poco verosimile che la Saluzzi (e, come lei, altri milioni di italiani) non si fosse accorta della scarsa umiltà del signor Alonso. Così modesto e dotato di spalle larghe (tra gli altri vedasi la boutade di Monza '14) da venire soprannominato Lamentonso.

L'episodio, di per sé non particolarmente rilevante (o comunque stigmatizzabile come giornalismo-tifo), ha acquisito peso proprio in virtù del rapporto tra SKY e la F.1, tanto che quando il poco permaloso Fernando si è accorto del tweet (o meglio, se n'è probabilmente accorta una solerte addetta stampa), ha sospeso ogni comunicazione con l'emittente di Murdoch, dove peraltro lavora il suo (ex) sodale Marc Genè, lasciando sorprese (o segretamente gongolanti) altre emittenti.



In tal senso la direzione generale di Sky ha sospeso Paola Saluzzi per una settimana, con ciò operando una chiara scelta sacrificale: nel mondo della comunicazione istantanea non è peregrino invocare più prudenza da un lato e più elasticità dall'altro. Se proprio si vogliono evitare situazioni così imbarazzanti, forse sarebbe meglio fissare preventivamente alcune regole, come peraltro già stabilito nella redazione di alcuni quotidiani (es. La Stampa).

Morale? Alla fine la Saluzzi ha scontato la sospensione, Alonso ha ricevuto le scuse per quelli che obiettivamente sono insulti, ma non di meno i veri sconfitti sono i social, o meglio un certo tipo di (ab)uso che stravolge i rapporti umani, con quei 140 caratteri che paiono sempre più un ingombro.

Parlando di ingombri, seppur di altro genere, come qualificare Bernie Ecclestone e le sue ultime dichiarazioni sul destino di Monza? Molti giornalisti italiani, secondo il celebre aforisma di Flaiano, fanno a gara nel definirlo dinosauro, vorace, burattinaio. E' vero, il buon vecchio Bernard non è mai stato facile alla trattativa (e difatti si è circondato di suoi simili, non ultimo il sig. Lattoneddu), però è un imprenditore, e come tale punta più al fine di lucro (anche per pagare gli alimenti alla ex moglie Slavica) che alla sportività decoubertiniana. Nulla di eccezionale, ma i media italiani, per par condicio, prima di lui avrebbero dovuto mettere alla berlina una nutrita fila di personaggi, non ultimo un certo Monte(prez)zemolo. Cosa puntualmente non verificatasi.



L'oggetto della discordia è stato l'ultimatum (si può chiamare come si vuole, ma questa è la sostanza) con cui Mr. F.1 ha inteso mettere sul chi va là il mondo motoristico italiano, ricordando gli accordi presi con svariati uomini politici (e non) in merito al GP di Monza dal 2016 in poi. Accordi economici stretti all'ultimo GP (2014) che ora, complice il cambio di dirigenza all'Autodromo, sembrano riposti in un cassetto. Ergo, se fossi un giornalista, prima di dare un epiteto a caso, farei delle domande (scomode) a chi quegli accordi li ha sottoscritti e a chi l'Autodromo lo dirige e/o  lo fa dirigere. Eppure vi sono poche eccezioni a quest'andazzo, perché pare molto più comodo incolpare il buon vecchio Bernie. Sicuramente lui ha il cervello più fino e le spalle più larghe di qualche pilota.

sabato 11 aprile 2015

Fattore K: Verso l'infinito e oltre... ovvero come arrivare sani e salvi al traguardo della Monza - Resegone

7 aprile 2015: alle ore 9.00 si aprono le iscrizioni alla Monza - Resegone, peculiare gara nel panorama lombardo e definita, molto significativamente, la Regina delle Incertezze. Con i miei due arrivi a Capanna Monza, ho maturato qualche idea per evitare ulteriori errori.
Chi leggerà questo post, probabilmente si sarà già iscritto (con successo o meno - la lista d'attesa è il Purgatorio del podista); sicuramente non starà ancora meditando, anche perchè le iscrizioni si sono chiuse in 10 minuti. 
Quindi, se siete nella masnada di dannati, potete proseguire; se viceversa siete scampati all'insano impeto di trovare due compagni di sventura e dare il vostro nominativo, il vostro obiettivo rimane non farvi convincere da qualche pazzo alle 19.15 del giorno di gara.
Ma andiamo con ordine.


Lui adora i piani ben riusciti...

1. La compagnia: la Mo-Res si corre in tre: inutile avere gente che corre la maratona in 2h15' se poi il #2 e/o il #3 non regge/reggono il ritmo del moribondo (10 km in 60'). Oltre al rischio di squalifica, si pone la concreta possibilità di non giungere a Erve per consunzione di uno o più componenti della terna.
2. La conoscenza reciproca: niente serate alcooliche (prima della gara, quanto meno), piuttosto sessioni di corsa insieme superiori ai 60' e poi ai 120'. Solo così scoprirete limiti e potenzialità dei vostri compari.
3. Il piano: in pieno stile Hannibal Smith, il piano da Monza a Calolziocorte può essere la chiave del vostro successo; se ben riuscito vi condurrà ad Erve con la massima serenità. Per arrivarci, bisogna allenarsi per quei famosi 30 km di piano. Una vera maratonina atipica, che richiede soluzioni atipiche: provate a variare l'allenamento, giusto per toccare qualche nuovo tasto; ad esempio, provate ad uscire la mattina presto senza colazione per 10 km facili e poi tastatevi il polso. Sembra una cosa da nulla, ma anche il miglior maratoneta conosce il muro dei 35 km...
4. La salita: dopo Calolzio c'è qualche km di salita. Niente di assurdo (salvo qualche gradino), ma arriva dopo il piano: per comprendere le vostre reazioni e la diversa pendenza, provate un bel misto, tipo Segrino+Cornizzolo.
5. L'arrampicata: se 32 km di piano e 5 di salita non vi sono sembrati sufficienti, sappiate che a Erve inizia il divertimento, con una bella impennata verso Capanna Alpinisti Monzesi. Niente più strada, ma solo uno scomodo, trafficatissimo, sentiero in cui è quasi impossibile superare. Anche qui, è consigliabile farvi qualche chilometro su pendi simili.
6. L'integrazione alimentare: finora il discorso è rimasto sulla prestazione atletica; se volete terminare la gara dovete pensare a come sostituire/integrare i generosi banchetti del ristoro. Sperando che non vogliate fermarvi ogni 5 km (con sommo disappunto degli altri componenti della terna) il consiglio è recuperare un baldo giovane che si occupi dei rifornimenti di corsa, magari a bordo di una bici o di uno scooter.
7. Il menù: non puntate su integrazione solida, ma su gel e polveri orosolubili. Abbiate l'accortezza di testarli prima della gara, di modo da contenere eventuali effetti avversi. Non ci sono molti bagni lungo la strada verso Erve.
8. Il meteo: Non portatevi ingombranti kway, non si tratta del Kima o della ResegUp. Meglio far portare all'ammiraglia (vedi punto 6) un ricambio volante con un asciugamano.
9. Lo zaino del ritorno: puntate su pochi ricambi (e sui 5 euro per la birra). Il grosso dei bagagli lasciateli sulla macchina a Erve, la vostra schiena ringrazierà.
10. La riserva: ultimo, ma non da meno, il grande classico inaspettato. Capita l'imprevisto con defezione di un componente della terna. Come fare? Meglio precettare per tempo uno sventurato.

giovedì 20 novembre 2014

16.11.2014 - 8a Maratonina di Crema

"Non c'ero e se c'ero, non ho visto niente". Io invece c'ero e ho visto abbastanza per finire qui la mia stagione 2014 e programmare quella 2015.




Un anno fa avevo concluso Cremona con la ferma intenzione di attaccare a Busto il limite dei 90'; la mia forma calante e qualche acciacco mi avevano dissuaso, preservandomi da deleteri infortuni. In qualche modo mi ero tenuto in allenamento, fungendo da pacemaker per l'amica Veronica e la sua prima mezza, all'Alpin Cup di Sesto S.G. Quest'anno (dopo l'1h37' di un mese fa) non sono stato così saggio, e anzichè tapasciare con calma e tranquillità, mi sono incolonnato verso Crema al fine di ritrovare lo smalto perduto.

Alla conta dei partecipanti, i Bocia e I Banditi si sono presentati numerosi, con ampia partecipazione di supporter e paramedici: per un totale di 4 macchine in partenza da Verano e dintorni. Ad invogliare la folta pattuglia il percorso piatto (simile a Treviglio), il meteo clemente e la temperatura non troppo alta; con queste previsioni non era azzardato prevedere un miglioramento del mio PB post Mo-Res, ma la settimana precedente avrebbe dovuto ispirare prudenza. 

Le esondazioni, locali e non, hanno limitati gli allenamenti, mentre il giovedì sera il toboga della Costaiola con i Bocia ha lasciato qualche ripercussione sulle mie giunture.
Alla fine, la gita in riva al fiume Serio ha consentito di ammirare un quadro d'altri tempi: tante terre allagate grazie a Lambro, Muzza e Adda. Arriviamo nel disastrato parcheggio della stazione di Crema, e, dopo le necessarie operazioni preliminari, ci scaldiamo sul percorso, in attesa della partenza, fissata alle 9.15! La temperatura effettivamente è buona, ma il percorso, così scopriamo dalle prime chiacchierate, presenta 4 cavalcavia (3 di cui 1 da fare 2 volte).

Pronti, partenza, via: il Mongullo e il Vigarazz scappano come in una 10k, mentre io focalizzo la pacer dei 95' come obiettivo di giornata; le curve per uscire dalla città si susseguono e così la folla in movimento, che impedisce sprint, costringendomi a uno snervante slalom. A differenza di Cremona, ho un valido aiuto nel cronometro, anche l'aggravio segnalato nei primi 500 metri non è di buon auspicio.

Successivamente riesco a tenere un ritmo accettabile, di poco inferiore ai 4'30"/km, superando il Mongullo e poco dopo i pacer dei 100': purtroppo la collega dei 95' rimane avanti a me di un buon 200 metri, costringendomi ad una rincorsa decisamente improba per le mie condizioni. 

Ai 10k transito in pco più di 45': il crono di per sè sarebbe buono (visto il mio transito a CR in 45'13") ma le mie gambe paiono perdere lucidità, probabilmente per l'acido lattico accumulato giovedì. Passo poco oltre il 14° km (con relativo ristoro) e devo iniziare a rallentare, nell'aperta campagna cremasca: un esperto podista dell'Avis Treviglio davanti a me sembra accusare il problema, rallentando l'andatura. Per un paio di volte sono costretto a scartare di lato e a corricchiare, vedendomi superare da svariati concorrenti.

A circa 2 km dall'arrivo finisco per essere superato pure dai pacer dei 100 minuti e da Mongullo che rimane attaccato a loro, nonostante la faticaccia di Busto di soli 8 giorni prima: riesco a infilarmi in scia, giusto per  qualche centinaio di metri, con l'obiettivo di terminare poi in totale surplace nel centro di Crema. 

Purtroppo l'ultimo km (segnalato dal cartello dei 20) non sembra arrivare mai, tanto che il GPS mi regala 350 metri in più: mentre supero l'attempato collega trevigliese, ho pure il tempo per sentire le provocazioni di un minus habens locale (a cui rispondo con un "to agne" molto furlano :) ) che si diletta a insultare i podisti ormai esausti. Finisco in crescendo strappando un 1h39'13" RT, proprio dietro agli allegri pacer.

La classifica generale mi vede 621° su 1360 podisti, ritirati esclusi. Non malissimo, per come si era messa, in stile Colico 2014. Negli spogliatoi si sentono commenti molto coloriti... a proposito delle docce ghiacciate. Peccato, perchè la genuina atmosfera e la maglia di cotone sintetico potevano essere sufficienti a tornare, mentre con oggi rimane un grande punto interrogativo su Crema 2015.

Da oggi lunedì 24 ricomincia la preparazione, in vista dei traguardi del 2015. Questa settimana, in attesa del 10k di Peschiera Borromeo, sarà di scarico moderato impegno.

Tracciato GPS
Classifica 8a Maratonina di Crema

martedì 21 ottobre 2014

19.10.2014 - XIII Maratonina di Cremona


Cremona, città delle 3 T, città di liutai, calciatori e attori... Cremona, città della maratonina di metà ottobre :)




Se le gambe non vogliono andare, non vanno: dovrei sempre tenerlo a mente, ma ci ha pensato il mio corpo a ricordarmelo già a Monza e a Udine. Se poi penso che 12 mesi fa, in ottime condizioni di forma, limavo il mio personale, togliendo 1 minuto e mezzo al già pesante PB di Monza, sicuramente il morale non raggiunge vette inaspettate.

La settimana è filata via liscia, con il Bocia-giovedì a Verano. Invece sabato anticipo tutto e tutti, arrivando a Cremona (anzi, Ziano Piacentino), dove tra una gita in città e il ritiro del pettorale, trovo un clima non molto autunnale, con temperatura decisamente sopra la media stagionale. Vado a dormire (non prima di essermi dimenticato a casa il fido GPS!) e al risveglio, alle 7.30, tocco la scighera in maniche corte, con 15°C. Al punto di partenza (h. 9.00) i gradi sono 19° e l'umidità palpabile.

Nel solito marasma pre-gara, riesco a incrociare gli amici di Running Forum e dell'AVIS Seregno, ma di un eventuale orologio sostitutivo nessuna traccia, nonostante gli appelli in Rete. Pronti Partenza Via!

Lo spunto iniziale è buono, e la gamba gira intorno ai 4'30"/km, nonostante il solito affollamento iniziale a rallentare pesantemente l'andatura. Nelle gambe sento ancora il giro di giovedì, in cui ho tirato i colleghi Bocia ad un'andatura non proprio rilassante.

Al 5° km, riesco a tirare le somme, carpendo il parziale nell'umidità che pare proprio non mollare. Incrocio un paio di ragazzi della Santi di Nuova Olonio, con cui scambio quattro chiacchiere sul meteo in Val di Giust, poi vengo raggiunto da Jennifer, che deve stare sul medio e quindi mi semina.
Al 10° km sono intorno ai 46' (tempo assoluto, quindi 45" secondi sopra il mio RT), ma subito dopo l'amara sorpresa: J è a lato della strada per un pit stop non previsto; tempo di recuperare e le suggerisco di chiudere i 15, per poi aspettarmi e chiudere insieme la mezza.
Al 12° km J è definitivamente ko: solo dopo saprò che si è fermata ed ha chiuso con un'amica molto più tardi.

Al 15° km mi sento ancora bene: la Lisunada di due settimane fa mi ha confortato, al netto di fatiche successive. Al 16° inquadro un atleta vestito da fatina: decisamente una fatica improba, ma che ha fatto sorridere parecchie persone, nella gara e sul percorso.
Al 18° km sono sull'1h23' , con il cronometrista a controllare l'andamento dei concorrenti: il passo è di 4'36" km, se reggo sino alla fine, posso scendere agevolmente sotto l'1h37'. Mentalmente reggo bene, anche se le gambe mi paiono dure; il ciotolato e il pavè amplificano la fatica e i rumori, tra vigili angeli custodi e auomobilisti impazienti: l'ultimo km lo percorro quasi in trance, salendo leggeremente verso la Piazza del Duomo e tagliando il traguardo con soddisfazione.

Riesco a trovare subito Elisa, mentre il deposito borse è un girone dantesco; solo più tardi vengo a sapere del crono finale di 1h37' netto, che rimane poca cosa rispetto all'anno scorso ma che, in relazione alle ultime due disastrose mezze, pare un buon passo in avanti. Un altro mattoncino verso il 2015.

lunedì 6 ottobre 2014

04.10.2014 - La Lisùnada

Perplessità, tanta. Questa la mia prima reazione dopo essere giunto al traguardo, tagliato con uno spento 44'34". D'altronde, se una settimana fa (reduce da una donazione di sangue) avevo una scusante per aver chiuso in 44'45" la corrugata CorriCesano, qui i dubbi stanno a mille. Forse i 70 km caricati in settimana, con un paio di bigiornalieri, hanno preteso il loro dazio, ma se l'obiettivo è la Mezza di Cremona del 19 p.v., allora tutto questo assume una nuova luce.

Ma andiamo con ordine: iscrizione nel pomeriggio (si corre vicino a casa mia) presso il CIM di Lissone. La gara viene organizzata dagli oratori lissonesi, che sul percorso sono snodi essenziali e, poichè i 10 km si sviluppano su giro unico, ogni anno si registra un buon afflusso di podisti, dilettanti ed agonisti. Unica nota dolente la partenza in comune con quelli della 5km, mentre le famiglie partono successivamente per il minigiro da 2 km, ricongiungendosi solo nell'ultimo tratto vicino al traguardo

Come già detto, quest'anno è il CIM ad ospitare la manifestazione, con l'esperta supervisione del corridore Ale Galbiati: il tracciato segue la falsariga degli altri anni, conservando una discreta velocità di percorrenza. I Bocia presenziano in massa: Raniero, Claudio G, Brambilla+Fumagalli e Ambros, oltre al sottoscritto. Pronti, partenza... via! Primi 500 metri affollatissimi, come da rito, poi dopo oltre un km mi accorgo che il GPS non è partito... argh! Nel frattempo Raniero mi ha staccato, anche se fino al 5° km lo vedo. Passo sicuro i vari incroci, con i volontari (Protezione Civile e Vigili del Fuoco) che presenziano, consentendo il celere transito di autoveicoli tra un gruppo e l'altro.
Il giro è molto veloce e colora prima le vie centrali di Lissone, per poi staccarsi in direzione dell'Ospedale e della Casa di Riposo: le strade (a me conosciute ma riviste in configurazione serale) sono una lieta sorpresa, vista anche la gradevole temperatura che consente una corsa sciolta e il non poco pubblico che ci incita tra locali e capannelli..

Da par mio, il nuovo stile di corsa (più leggera, come ha notato Ambros durante il Bocialab settimanale) mi impone la massima attenzione: mi mantengo ad un buon ritmo senza forzature, tenendo intorno ai 4'15"-4'20". Purtroppo intuisco come il traffico iniziale mi abbia appesantito di almeno un minuto, ma a circa 2.5 km di gara inizio la rimonta: prima supero il sempiterno Angelo Ripamonti, poi guadagno metri sul dinamico duo davanti a me; all'inizio penso siano padre e figlio, ma ben presto mi accorgo che il ragazzino (11 anni) ne ha parecchio in più dell'adulto, tanto che quando li metto in coda definitivamente (km 4.5-5) per un un paio di km sento solo i (pesanti) passi del più giovane. Al 7° km (il rettilineo di Via Canova, al confine con Biassono) faccio in tempo a superare l'ultimo raggiungibile e qui mi meno via un po'. Già, perchè arrivato lì in 31' e spiccioli, avrei potuto e dovuto portarmi a 4'/km per tentare il tutto per tutto e limare un buon minuto al crono finale. Invece ho continuato al ritmo di 4'20"/km, salvo poi accelerare a 4'08" chiudendo gli ultimi 500 metri in 1'57" (media di 3'55"). Non malissimo, tenendo conto poi del ritorno a casa di corsa lenta (2.70 km) e del giro domenicale a 4'50"/km di media (13.74 km).

Indubbiamente la base c'è, anche se i guasti della Mo-Res stentano a scomparire definitivamente. Restate sintonizzati!

domenica 28 settembre 2014

Doping: liscio, gassato o di Stato?

Quando il 6 agosto 2012 venne annunciata urbi et orbi la positività di Alex Schwazer, non pochi pensarono che fosse un caso isolato: a distanza di due anni, e dopo un certosino lavoro da parte della Procura della Repubblica di Bolzano, si è scoperto come non solo ci fosse una copertura a livello federale, ma anche che molti atleti svicolassero dai controlli anti doping. Decisamente peggiore risultava la risposta della FIDAL, che, a fronte delle reiterate irreperibilità, richiamava gli atleti renitenti con una banalissima lettera.

Della vicenda si è occupato il buon Claudio Gatti, giornalista del Sole 24 Ore, sul suo blog Gradozero, a cui rimando per una completa ed esaustiva analisi della vicenda Schwazer, con tutti gli annessi e connessi. In queste righe, vista la mole della materia, mi accontento di sottolineare alcuni aspetti, a mio avviso decisamente interessanti ma (ahimè) poco conosciuti al grande pubblico, lasciando sul sentiero qualche riflessione sparsa.

Uno dei pionieri nello studio e nella lotta del doping è sicuramente il tecnico e dirigente FIDAL Sandro Donati, che, nell'ormai lontano 1989, scrisse "Campioni Senza Valore"; nel libro, oggi purtroppo introvabile, l'autore prediceva che, in assenza di opportuni controlli, il doping sarebbe esploso non solo nel professionismo, ma anche nel mondo dei dilettanti, con ovvie ricadute socio-sanitarie. Ricadute? Certo, visto che la storia del doping non è costellata di soli successi, ma pure di morti sospette o ritiri prematuri (nel libro si fanno nomi e cognomi). E la Federazione? All'interno pochi vigilavano, molti minimizzavano, altri ancora spingevano (più o meno segretamente) per l'ingresso delle farmacie nei campi d'allenamento.

Nel 1998 un'espressione simile ("dobbiamo fare uscire le farmacie dai campi di calcio") venne utilizzata dal tecnico boemo Zdenek Zeman, che alla vigilia del campionato di serie A, opinò su alcune sospette "esplosioni muscolari" di giocatori tendenzialmente magri (Vialli e Del Piero) focalizzando le proprie dichiarazioni sulla Juventus (anche se in altre interviste non negò tali pratiche in altri società). Non si trattava di semplici voci di corridoio, ma solo a Torino il procuratore Raffaele Guariniello istruì un'inchiesta, conclusa con un patteggiamento (il dottor Giovanni Rossano, titolare della farmacia fornitrice della Juve) e un rinvio a giudizio (il dottor Riccardo Agricola, capo dello staff medico bianconero). Successivamente quest'ultimo si salvò in Cassazione, con l'annullamento delle assoluzioni via Appello e la contemporanea prescrizione dei reati per i capi d'imputazione. 

La lezione dell'affare Juve - Doping, al di là degli aspetti processuali (scomposte esultanze incluse), è che le pratiche mediche utilizzate a Torino erano la quintessenza del doping: usare su soggetti sani farmaci originariamente concepiti per la cura di patologie non è solo pericoloso, ma va a falsare le prestazioni degli atleti coinvolti, oltre a metterne in serio pericolo la salute. Basta pensare all'EPO (eritropoietina), che aumentando la densità del sangue (ematocrito), rischia di creare scompensi nei soggetti assuntori (segnatamente a carico del sistema cardio-circolatorio), 

A margine una nota personale: risulta strano che il dottor Agricola, illustre sconosciuto nel panorama accademico, sapesse cosa utilizzare e in che dosi: nella Medicina dello Sport (specialità in cui il medico bianconero è titolato) esistono protocolli derivanti da sperimentazioni, non bastando i semplici bugiardini. Non è azzardato ipotizzare la supervisione di qualche luminare, avvolto dalla morbida cappa dell'omertà. Non che la Juve sia o sia stata l'unica, anzi...

Tornando a Schwazer e all'omertosa cortina con cui è stato protetto dalla FIDAL, le sue lacrime in diretta TV mi hanno ricordato Marco Pantani, forse per le solite connessioni del dormiveglia o per le suggestioni dell'amico Bertazzi. E' notizia recente la riapertura dell'inchiesta sulla morte del ciclista romagnolo e gli elementi raccolti dalla Procura di Rimini fanno sospettare la chiusura forzata della prima azione penale.
La riapertura pare quindi dovuta, viste le numerosi voci dissonanti raccoltesi negli anni e soprattutto, vista l'ipotesi di reato (omicidio mediante somministrazione forzata di cocaina) che apre scenari inquietanti. Già, ma come si collegano le due vicende? Forse Pantani era diventato scomodo, soprattutto nel mondo delle due ruote, ove le apparenze ingannano (per usare un eufemismo). La notoria vicenda Armstrong ha insegnato parecchio in materia, con complicità ai massimi livelli: forse le lacrime e le parole di Schwazer sono da intendersi come a dire "ho fatto tutto io", "non indagate oltre, altrimenti mi fanno fare la fine di Pantani".
Venendo alla morale, gli utili del doping sono privatizzati (record, sponsorizzazioni, fama) mentre i costi sociali (vedasi terapia per alcune patologie indotte) ricadono sulla collettività: non solo per gli atleti di vertice, ma anche per quei tapascioni che in cambio di 5 minuti sul proprio personale si ingozzano di schifezze. Anche questa è una profezia di Donati.